mercoledì 7 marzo 2018

Life is strange

un videogame di Dontnod/Square Enix [2015]

Il giorno in cui i videogame potranno essere giudicati con gli stessi criteri, e la stessa severità, con cui giudichiamo i film probabilmente non è così lontano.

Ma nel panorama attuale è ancora difficile giudicare con piglio e severità da recensore un prodotto come Life is strange.
La trama del gioco non è diversa da quella di tante serie TV americane su giovani e superpoteri, con il campus universitario e la cricca dei bulletti/figlidipapà, la ragazza un po' tossica e deragliata che si barcamena fra le sfortune della vita, la brava ragazza fragile che viene fatta oggetto di bullismo, gli adulti ottusi e distanti. 


Ma Life is Strange è prima di tutto un'esperienza narrativa pervasa di un'atmosfera assolutamente unica che non può lasciare indifferenti. Max osserva il mondo con sguardo da giovane artista, analizza gli oggetti, siede su un vecchia altalena e riflette sulle cose, suona la chitarra, scatta foto con la sua vecchia Polaroid e racconta quel che prova, e sono questi dettagli ad avvincere e a fare la differenza. 
La "grana narrativa", il tipo di sensibilità in gioco, espressa dallo sguardo delicato della protagonista, dalle canzoni (Amanda Palmer, Sparklehorse... la colonna sonora è una piccola raccolta di canzoni indie) e dai colori degli ambienti, l'immersività del videogame conquistano anche i cuori più duri.
Sul piano dell'interattività Life is Strange risulta, purtroppo, decisamente troppo lineare rispetto alle illusioni che vorrebbe creare: nonostante il gioco si premuri di informarci continuamente sul fatto che alcune scelte (anche innaffiare una pianta? davvero?) influenzeranno la trama, la sensazione è quella di viaggiare in un film il cui esito è già deciso in partenza. 

Non proprio tutto è deciso, certo, e alcune cose molto importanti, serie e traumatiche sono in mano al giocatore, ma Life is Strange, a dispetto di un motore grafico e narrativo dalle potenzialità teoricamente infinite, risulta essere non tanto un gioco d'avventura quanto  ̶u̶n̶ ̶f̶i̶l̶m̶ ̶i̶n̶̶̶t̶̶̶e̶̶̶r̶̶̶a̶̶̶t̶̶̶t̶̶̶i̶̶̶v̶̶̶o̶̶̶ un film "navigabile". 
C'è quasi sempre una sola cosa giusta da fare per proseguire, o una serie di cose che, no, non cambieranno di molto la trama, e quasi sempre la direzione ci viene suggerita dal gioco (un po' in stile Dora l'Esploratrice: "Tu lo vedi il palloncino rosso? Prendi il palloncino rosso"). Poter toccare e analizzare molte più cose, spostarsi da una location all'altra liberamente, risolvere enigmi intrecciati tra loro e in ordine variabile, né più né meno come nei gloriosi giochi Lucas, ma con una grafica e un "feel" come questo sarebbe stata l'esperienza videoludica definitiva. Sarà per la prossima volta.

Vale la pena di giocare a Live is Strange, dunque?
Nonostante i limiti sul piano dell'interattività, assolutamente sì. È un'esperienza che avvolge, coinvolge e commuove. Alcune parti
(per esempio certe esplorazioni notturne) sono particolarmente affascinanti, ed è impossibile non affezionarsi alle protagoniste della storia. L'aspetto estetico sbalordisce e incanta con lo splendido gioco di luci dorate, di sfocature e profondità di campo fotografica (la fotografia d'altronde è un tema centrale della storia). 
Life is Strange è un emozionante viaggio guidato in un mistero a sfondo post-adolescenziale, fragile, delicato, profondo e malinconico, e credo che valga tutto il tempo che gli dedicherete. 
Nell'attesa ansiosa del giorno in cui i videogame potranno essere giudicati con gli stessi criteri, e la stessa severità, con cui giudichiamo i film, giorno che Life is Strange forse avvicina un po'.



Voto: 12 Pn*



* un Pn, o Pong, è l'unità di misura che ho scelto per i videogame. 
Un Pn equivale al piacere che si poteva provare nel 1978 a far rimbalzare una pallina quadrata su una racchetta rettangolare.

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