lunedì 19 marzo 2018

È arrivata la felicità 2

Ivan Cotroneo è una benedizione per la tv italiana. Una di quelle menti fervide capaci di stravolgere le certezze senza usare la violenza ma porgendo sempre la mano con garbo e delicatezza. Il suo è un percorso certamente rischioso, e non privo di fragilità: è quel classico tipo di mente creativa che arriva e cambia le carte in tavola per tutti, a beneficio anche di chi lo imita raccogliendo allori al suo posto.
Dopo "Tutti pazzi per amore" la fiction (all')italiana nel suo insieme ha fatto un enorme balzo in avanti. L'esistenza stessa di quella serie ha costretto la Rai a rivedere e modernizzare progetti come "Un medico in famiglia" o "Don Matteo". (Il fatto che non sempre questa revisione sia riuscita - nel caso di "Un medico in famiglia" soprattutto - dipende dal fatto che non basta imitare Cotroneo per diventare Cotroneo). La stessa "Sirene", nella sua buffa semplicità che sconfinava (volutamente) nel puerile, è riuscita nel tentativo di aggiungere elementi nuovi al mondo della fiction italiana: far morire un personaggio (amato, adorabile) della serie, senza per questo intaccarne il tono leggero (operazione già tentata e riuscita a metà con Tutti Pazzi Per Amore, semplicemente perché lì la morte fu un artificio narrativo malamente stiracchiato in una seconda stagione non all'altezza della prima). La vita è fatta di tutto, anche di disgrazie, e la fiction secondo Cotroneo non ha paura di nulla.


La prima stagione di "È arrivata la felicità" mi era piaciuta, ma ci avevo trovato tante potenzialità da sviluppare e pochi guizzi davvero geniali. Era una serie gradevole e buffa per farci buona compagnia la sera, con personaggi deliziosi e ben tratteggiati ma non tantissima sostanza. Tante storie d'amore, certo non banali, lo stravolgimento del concetto di normalità, come sempre - nessuna storia è mai "normale", sembra dirci il buon Ivan - ma tutto pareva finalizzato al mero intrattenimento, tanto che difficilmente saprei riassumervi la trama della stagione. "È arrivata la felicità 2" ha cambiato da subito le carte in tavola. Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama, agli occhi sei barlume che vacilla, al piede teso ghiaccio che s'incrina. Angelica si ammala. Angelica ha un tumore dal nome terrificante, fra il terzo e il quarto grado, e ha il trenta percento di probabilità di non farcela.
Il pubblico non ha retto la botta ed è scappato via, stavolta. Anch'io ho tentennato. La vita è già difficile senza che ci troviamo il cancro pure in tv, eh? Ma il pubblico ha sbagliato - io avrei sbagliato - a gettare la spugna. Perché "È arrivata la felicità 2" è una serie preziosa, delicata e dannatamente divertente, imprevedibilmente divertente, coraggiosa e fatemelo ripetere: divertente. I protagonisti, fra i meccanismi e le rotelle dei loro pensieri, ci raccontano ansie paure e inquietudini e ci fanno sentire meno soli. Non siamo di fronte al cancro commovente e ricattatorio della fiaba buonista di "Braccialetti rossi": la malattia qui è il termine di riferimento per capire la vita, il valore degli affetti e del tempo.
La malattia cambia tutto e trasforma ogni comportamento in una possibile trappola pietosa, e Angelica non ci sta. Il suo buon cavaliere deve lottare con la sua bella (cioè assieme a lei ma anche contro di lei, perché una malata può essere, vivaddio, stronza, e magari essere grata di sentirselo dire!) e essere più tenero e coraggioso che mai. E la lotta vera consiste nel far sì che la vita continui, perché, sì, la vita continua, e quella sacca di vita raccontata da "È arrivata la felicità 2" è quello spazio che nessuno mai racconta, quella ricerca di sanità mentale, di normalità, di risate e amore nelle fasi più dure della vita.
Ecco perché questa stagione è così gradevole, ancor più della prima: perché fra i due protagonisti (vi ho già detto di quanto sono bravi Pandolfi e Santamaria?) e intorno a loro il mondo continua a girare più pazzo che mai, pieno di quegli intrighi romantici e di quelle cazzate madornali che ci piacciono tanto, le vite scorrono più incasinate che mai, e tutto è spassosissimo. Il cast semplicemente perfetto - Savino, Davoli, Bevilacqua, Tabasco, De Cola, Wertmüller, Roja, Abraham, i meravigliosi ragazzi (le due sorelle Giorgia e Greta Berti, Francesco Mura, Paolo Fantoni) - non sbaglia niente e interpreta a perfezione stereotipi, tic, manie e pazzie uscite dalla penna geniale del padrone di casa. Divertendoci e divertendo, molto più della prima volta.
Questa cosa una parte del pubblico Rai non la saprà mai, perché si è arresa. Cosa lecita, errore comprensibile in fondo. Stavo per commetterlo anch'io. L'errore davvero imperdonabile, a mio avviso, l'ha commesso l'emittente. È una questione di prestigio, se vogliamo, e di correttezza verso il proprio pubblico. Una rete non commerciale, pagata dal canone, non dovrebbe mai, mai, MAI genuflettersi all'audience e dovrebbe sempre tirare dritto fino alla conclusione, senza spostare appuntamenti, senza arrendersi, senza mai doversi scusare.
Hai sbagliato la scommessa con il tuo pubblico? Pace, la porti comunque fino in fondo per rispetto di chi ti ha seguito, e perché di un prodotto di questo altissimo livello non ci si può pentire. Il motivo per il quale sono felice, fiero di pagare il canone Rai (so di andare controcorrente in questo) sta proprio nella capacità delle reti nazionali di differire e di intraprendere scelte coraggiose. Parte del pubblico si è arresa? Non importa, ce ne faremo una ragione.
La Rai dovrebbe stendere tappeti rossi dovunque passa Ivan Cotroneo ed essergli grata per insuccessi così ben riusciti. Se la tv nazionale è una tv di servizio, una fiction che sa trattare con leggiadria temi così importanti andrebbe comunque salvaguardata a prescindere dal ricatto dell'audience. Questa seconda (e, temo, ultima) stagione della serie di Cotroneo è una scommessa comunque vinta sul piano della qualità e dei contenuti e un ennesimo nuovo parametro di riferimento stabilito nel mondo della fiction leggera.
 Voto: 12 dM*



*1 Dm, o Dommatteo, è la mia unità di misura per le serie TV. Un Dommatteo equivale al piacere provato da una vecchina guardando RaiUno il giovedì sera.

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